Paolo Macry

Va pensiero
di Paolo Macry

Ma non sono tempi normali

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Attenzione a credere che questi siano tempi normali. In tempi normali, la gente comune presta attenzione ai fatti suoi. Ritiene che la sfera privata rimanga ben separata dalla sfera pubblica. Che ai governanti spetti garantire il flusso ordinario della vita e che però la vita sia questione di scelte individuali. Per molti decenni, a noi europei, lo Stato ha chiesto lealtà civica e ha restituito protezione, e significativamente l’opinione pubblica non si è mai troppo interessata a quanto accadeva nelle relazioni internazionali. L’Europa è stata per ottant’anni un continente di pace. Esistevano equilibri mondiali che proteggevano il pacifico scorrere del tempo nelle nostre famiglie. L’abbiamo sempre dato per scontato.

Ma questi non sono tempi normali. Con l’instabilità dell’attuale multipolarismo, la geopolitica ha bussato alla porta delle nostre case, infiltrando la nostra esistenza, minacciando di cambiare le nostre vite. Oggi si tratta delle bollette energetiche. O dell’incidenza della spesa militare sui bilanci. O dell’impossibilità di viaggiare in paesi non più sicuri. Ma la verità, spesso rimossa, è che il risveglio della competizione militare tra gli Stati minaccia di sconvolgere ben più profondamente la vita della gente comune. E, sebbene le opinioni pubbliche europee sembrino vivere nell’illusione irenica che basti scendere in piazza per neutralizzare ogni pericolo, di guerra si parla ormai apertamente. Putin fa guerra all’Ucraina, minaccia l’Europa, agita l’incubo nucleare. Bruxelles si dice pronta a riarmarsi e discute di un esercito comune. L’Iran tesse l’antico progetto mirante a cacciare gli ebrei dal Medio Oriente. La Cina prepara la conquista militare di Taiwan.

Uno scenario che, per una volta, rende l’istanza della pace non ideologica ma terribilmente concreta. Oggi l’alternativa tra pace e guerra può significare - anche per noi europei, non più per qualche paese remoto - la sopravvivenza di famiglie, abitazioni, modi di vivere, progetti per il futuro. Oppure la loro distruzione violenta. Non è allarmismo. Accade ogni giorno in Ucraina, a Gaza, in Israele. Ma non sarà il pacifismo a garantire pace alla gente comune. Sarà, al contrario, la capacità degli Stati, cioè della politica, di impedire la guerra. O di vincere la guerra. Comunque, di prepararsi all’eventualità della guerra.