Sedotti da un enorme albero di Natale

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Che Napoli ci aspetta, nell’anno che si approssima? O, se si preferisce, che città ci lascia in eredità l’anno appena trascorso? In questo periodo è d’obbligo un bilancio, sulle cose fatte, quelle mancate, gli appuntamenti disattesi o le promesse non mantenute . La mente va subito ai protagonisti di quest’anno difficile e incerto, come il futuro che ci attende, come hanno scelto di fare Biagio De Giovanni (il Sindaco) e Marco Demarco (il Premier, ex nel frattempo) . Decisione legittima, se non altro per una evidente ragione di spazio, personificando le vicende napoletane e, in sintesi,la condizione attuale della città. Cheriflette, a suo modo, unastorica, verrebbe da dire genetica , doppia polarità entro la quale essa si rivela : da un lato la meta di turisti che sciamano per le strade del centro, riempiono le stanze dei bed and breakfast – ultima occupazione conosciuta dei giovani e meno giovani napoletani – favoriscono la nascita di nuove pizzerie e friggitorie e la promozione di festival di strada. Dall’altro, statistiche e classifiche restituiscono il dato di una metropoli in declino, con tutti i fondamentali in negativo , espressione ancora una volta di quel Mezzogiorno che fatica ad emanciparsi e, addirittura, si allontana ancora di più (semmai questo fosse ancora possibile…) dal resto del Paese e dell’Europa . Una città, non diversamente dal resto della regione, che non a caso ha sonoramente sconfessato lo storytelling renziano nell’appuntamento referendario , con la riproposizione di un Paese felicemente avviato a risolvere criticità e diseguaglianze sociali, dentro un ambizioso progetto riformatore. Ma è anche lo stesso popolo che, solo 6 mesi fa, ha creduto – prima ancora che al reticente e deludente bilancio dei primi 5 anni di governo della città – alle proposizioni di un sindaco più attento ad alcune enunciazioni ideologiche , alla rincorsa di incerti modelli amministrativi o, alternativamente, proclami politici, che non alla quotidiana fatica di dare risposte ai bisogni della sua comunità.

Cosa vogliano, concretamente, i napoletani in questo particolare momento della loro storia, non è facile interpretare . E dunque, cosa ci riservi il futuro prossimo venturo, è oltremodo azzardato predire, a meno di non immaginare che ciò che accadrà nei prossimi mesi ed anni non sarà altra cosa dall’espressione della volontà della città, intesa nella sua complessità e stratificazione di ceti e soggetti sociali, forze economiche, imprenditoriali e culturali. E degli stessi partiti, anche se si fa fatica a scorgerne una pur minima manifestazione di vitalità. Più realisticamente, si può concludere che Napoli, come molte altre volte nella sua lunga storia, si trova di fronte ad un bivio, tra la necessità di ridefinire un orizzonte di crescita e sviluppo e la tentazione di assecondare il declino in corso. Nell’incertezza, per meglio scrutare l’orizzonte o interrogare gli astri nell’azzurro del cielo partenopeo, i napoletani possono salire su Nalbero e godersi la vista dello spettacolare Golfo, alla faccia di ambientalisti, intellettuali e conservatori, o anche solo di coloro che identificano questa – la lotta all’”osceno” manufatto di tubi nel contesto del Lungomare – come l’ultima trincea, la difesa dei valori identitari napoletani dall’aggressione volgare e metropolitana che s’avanza.