Sicurezza vs Fragilità

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Il concetto di fragilità è generalmente connesso all’idea di collasso improvviso, ovvero non preceduto da fenomeni premonitori. Nell’ambito dell’ingegneria strutturale si parla, dunque, di fragilità delle infrastrutture allorché opere d’arte, quali ad esempio ponti o viadotti, crollino senza alcun preavviso

Disastri anche recentissimi, come quello che ha interessato il viadotto sul Polcevera di Genova del quale ci occupiamo in questi giorni, hanno insegnato che un collasso improvviso può comportare, non solo un’incommensurabile perdita di vite umane, ma anche enormi danni economici per le ricadute sulla popolazione, sulle aziende e sui costi di ricostruzione.

Contrariamente a quanto ha affermato l’arch. Renzo Piano in questi giorni, con una battuta ad effetto presentando una “idea” di nuova opera (e non un progetto), un ponte moderno che duri mille anni non esiste, essendo tale longevità prerogativa dei soli ponti in muratura. Viceversa esiste la possibilità di far vivere un’opera strutturale in condizioni di perfetta sicurezza, a patto che essa venga ben progettata, eseguita da imprese molto qualificate e manutenuta correttamente durante l’intera sua esistenza attraverso interventi periodici. 

Con semplice similitudine, si tratta in effetti di acquisire anche per le strutture e infrastrutture la stessa mentalità (oramai consolidata) del possessore di un’automobile che compra da un costruttore affidabile e opera una continua manutenzione. Non si comprende, in definitiva, il motivo per cui l’esigenza di sicurezza insita in qualunque automobilista, non debba essere applicata anche alle infrastrutture. 

Ovviamente appare anche necessario che nel corso dell’esistenza di un’opera le priorità e l’entità degli interventi di manutenzione siano periodicamente preceduti, non solo da verifiche strutturali, ma anche e soprattutto da analisi dei rischi. Non basta infatti che l’opera possegga sufficienti livelli di sicurezza, ma è anche necessario valutare tutte le conseguenze di un suo eventuale collasso, che non consistono solamente nella possibile perdita di vite umane e nei costi di ricostruzione, ma che comprendono anche tutti danni connessi all’interruzione dei collegamenti e della produttività, oltre che i problemi provocati alla cittadinanza.

Scelte del genere, però, sono innanzitutto politiche in quanto il Governo del Paese dovrebbe promuovere una rigorosa e pedissequa analisi dei rischi per tutte le opere strutturali (come ospedali, scuole, caserme etc.) e infrastrutturali (come ponti, viadotti, ferrovie, aeroporti, dighe, acquedotti, etc.) il cui collasso o dissesto irreversibile possa comportare conseguenze gravi, non solo in termini di vite umane, ma anche di danni alla popolazione e all’economia del territorio. Tali scelte dovrebbero comportare un piano straordinario di intervento dello Stato finalizzato a creare un’anagrafe, oltre che delle opere di maggiore interesse strategico, anche di professionisti competenti e di imprese qualificate da impegnare in quello che, a pieno titolo, dovrebbe essere considerato l’Investimento Primario nella Sicurezza.