Una città che non include, ma espelle

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Napoli al pari di Roma e Milano, ovvero le due altre grandi aree metropolitane italiane, ha il suo derby stracittadino come emerge dalla lucida ironia di Biagio de Giovanni ma purtroppo esso non si svolge solo due volte l’anno nel fatiscente stadio San Paolo quanto piuttosto nella diffusa (e spesso improduttiva) ritualità dei convegni sul destino della città . Ma appare del tutto evidente che mentre anche quest’anno lo scontro tra le due tifoserie della squadra dell’ “autogoverno del popolo” e quella “degli infelici” finisce con un nulla di fatto, Napoli non registra nessun passo avanti nella definizione della sua identità sul nuovo scacchiere geo-politico europeo imposto dalla globalizzazione dei processi economici e sociali.

Città del turismo? Città del terziario produttivo e della ricerca? Città dell’industria innovativa? Tutte ipotesi legittime ma che richiedono una squadra di decisori in grado di definirne una strategia consapevole e condivisa sull’esempio di tante altre metropoli europee (vedi Barcellona, Bilbao,Istanbul, Berlino). Sta di fatto che mentre Milano o Torino includono Napoli espelle. Penso ai 5000 laureati che ogni anno si trasferiscono al Nord o all’estero; penso agli studenti che vanno a completare il loro percorso formativo nei luoghi dove l’innovazione crea posti di lavoro; penso anche al crescente numero di rappresentanti del ceto medio che si spostano alla ricerca di migliori condizioni di vivibilità sottraendo quote di reddito spendibile all’economia cittadina; penso agli intellettuali inseriti in circuiti internazionali che baypassano la città.Forse aveva ragione Francesco Compagnaquando definiva in modo anche non troppo provocatorioNapoli con la sua complessità e le sue contraddizioni come “la sola città araba senza il quartiere europeo”.