Paolo Macry

Va pensiero
di Paolo Macry

C’è Napoli dietro il Napoli

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Napoli è uno dei grandi brand globali. Come New York City, come la mela di Apple. Lo si è visto in questi giorni di gloria sportiva. Ma spesso si è scambiata la causa con l’effetto.

Naturalmente, i tifosi non hanno occhi che per lo straordinario campionato della loro squadra, con De Laurentis che costruisce una società ambiziosa e sana, con Giuntoli che scova talenti come Kvaratskhelia o Kim, con Spalletti che mette in piedi un collettivo organizzato e vincente.

Una vicenda di efficienza manageriale, sapienza professionale, consapevolezza che (si è detto) dovrebbe costituire un modello per la stessa amministrazione della città. Un grande Napoli per una grande Napoli, era già lo slogan di Achille Lauro.

Vero, verissimo. E tuttavia è Napoli che ha trasformato la conquista del campionato italiano di calcio in una sorta di evento mondiale. Non era mai successo con gli scudetti della Juventus, del Milan, dell’Inter, della Roma. Evidentemente il brand Napoli ha una forza che non hanno altre città italiane, che non ha neppure Roma, la capitale del paese. E’ Napoli che ha portato sul palcoscenico globale il Napoli. E non viceversa.

Il che suggerisce questioni più controverse. E’ difficile negare infatti che il brand Napoli contenga ricchezze e miserie, modernità e arcaismi, razionalità e folklore. E bisognerebbe chiedersi perciò fino a che punto quel brand sia una grande opportunità o non (anche) una gabbia di luoghi comuni. Forse, tra questi due estremi, tra l’opportunità e la gabbia, c’è di mezzo l’iniziativa degli individui e la capacità della politica.