Degrado e turismo: “la Napoli possibile” resta al palo, rallentata dai suoi stessi strumenti urbanistici

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Passeggiando per il centro antico della città, non si può che accorgersi che Napoli sta viaggiando velocemente verso una vocazione prevalentemente turistica. L'odore di fritto riempie i vicoli spandendosi dalle pizzerie, caffè e pasticcerie che oggi invadono la città, baluardi dello street food di cuoppi e pizzette a portafoglio. Se questo cambiamento, progressivo ma radicale, investe oggi tanti aspetti della città, sembra che a pagarne le conseguenze sia più di tutti chi è alla ricerca di una casa da affittare. Di fronte ad un incremento della domanda turistica, sempre più difficile da soddisfare, la città ha risposto trasformando in B&B qualsiasi spazio possibile, arrivando a riconvertire persino i famigerati bassi, venduti come Nirvana della “vacanza esperienziale”. 

E mentre ogni angolo di Napoli si riempie di turisti e il numero di posti letto disponibili per chi cerca una soluzione “a lungo termine” si assottiglia sempre più, in presenza di interi edifici “immobilizzati” da vincoli urbanistici che ne bloccano la possibile trasformazione. Intanto gli importantissimi numeri del turismo napoletano cominciano ad attrarre finalmente al Sud leader del settore ricettivo come StudentHotel, Generator, Room Mate, AO Hostel. Pronti ad investire, arrivano in città alla ricerca di immobili dismessi cielo-terra da trasformare in strutture moderne, secondo un nuovo modello di ospitalità flessibile che va oltre il concetto tradizionale di ricettività, estendendo l'offerta di spazi e servizi a start-up, palestre, piscine, biblioteche, sale conferenze, spazi co-working. D'altro canto numerosi Enti Pubblici, in un’ottica di ottimizzazione del patrimonio edilizio e per contrastare il dissesto economico, immettono oggi sul mercato immobili che ben si presterebbero ad interessanti trasformazioni in tal senso. 

Eppure, nonostante il crescente interesse dei grandi investitori, queste strutture, nella maggior parte casi, restano vincolate al loro destino di “attrezzature di interesse collettivo”. A Napoli il governo del territorio è disciplinato da uno strumento urbanistico che ormai scricchiola sotto il peso degli anni, in particolare in tema di classificazione tipologica dei fabbricati del centro storico rispetto alle possibili destinazioni d’uso e per quanto concerne gli edifici individuati dal Piano come Standard Urbanistici. 

Sembra chiaro, quindi, che la politica, oggi, debba adottare un criterio più flessibile nella definizione di “uso pubblico”, lasciando che la città si apra in maniera più lungimirante e permeabile alle nuove esigenze, soprattutto in tema di ospitalità. Perché uno studentato o un ostello, a Napoli, non possono essere considerati “attrezzature di interesse collettivo”? Perché per la tipologia edilizia cosiddetta “a blocco” dei fabbricati del centro storico non si consente la realizzazione di strutture ricettive? 

Il Dipartimento lavoro, nuove opportunità e innovazione dell’Ordine degli Architetti di Napoli, coordinato da Grazia Torre, si sta facendo promotore dell'avvio di un dialogo con le istituzioni e i portatori di interesse sul tema della ricettività, sulla possibilità di intervenire su interi fabbricati oggi abbandonati e di avviare vere e proprie azioni di rigenerazione urbana da realizzare attraverso il recupero di fabbricati che in molti casi restano in stato di totale abbandono. 

"Napoli non è Venezia", scrive Marco de Marco nell’editoriale di questo numero di Nagorà, ma alla politica, a chi amministra la nostra città, chiediamo di aprire gli occhi sul futuro della nostra città, consentendole di assecondare, in maniera ordinata e governata, il proprio destino di capitale del turismo internazionale.