Paolo Macry

Va pensiero
di Paolo Macry

Telefonare a San Pietro

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E’ una telefonata registrata di nascosto dall’interlocutore, pronto è lei? dice chi chiama, sì sono io, risponde l’altro capo del filo, e subito chi chiama entra in argomento, duro, polemico, assillante, parla solo lui, chiede di essere scagionato dalle accuse di malversazione per cui è alla sbarra, vorrebbe far dire all’interlocutore di averlo autorizzato a fare quelle spese incriminate, vorrebbe una dichiarazione che lo scagioni in tribunale, è una trappola, l’altro risponde con mezze parole, dice di ricordare e non ricordare, la voce appare malferma, è reduce da una degenza ospedaliera, le parole sono sussurrate, io non conosco tutte queste procedure, mormora, chiede che gli si mandi qualcosa di scritto, promette di pensarci su, ma non si sbilancia, preghi per me, dice all’interlocutore congedandolo, sì, sì, anche lei, risponde l’altro.

Naturalmente, nel paese delle intercettazioni abusive, nel regno dei social che fanno miliardi vendendo la nostra privacy, nella stagione delle guerre ibride a colpi di hackeraggi, una telefonata rubata non fa notizia. A meno che non si tratti della conversazione tra un (ex) cardinale e un pontefice, tra Angelo Becciu e papa Francesco.

Si dirà che non sono più i tempi di Pio XII e dell’infallibilità pastorale. Che oggi può accadere perfino che un pontefice dia le dimissioni. E tuttavia, come sempre, i media hanno il potere di cancellare ogni distanza tra rappresentazione e realtà, di sconvolgere il senso comune, di bruciare ogni mito. Anche la sacralità della Cattedra di San Pietro.

Fatto sta che - credenti o agnostici o atei - ascoltare quella telefonata è un’esperienza straniante, un groviglio di richiami al tempo stesso infantili e colti, una sorta di trance psicoanalitica.