La testimonianza - 6 / Umberto Vitiello, Presidente Gruppo Giovani ACEN

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Nagorà apre con questo numero un'analisi – e dunque un dibattito – su un mercato del lavoro le cui le vie di accesso sono sempre più anguste e in cui la precarietà si è stabilizzata come categoria immutabile e irreversibile, a tutto discapito dei ventenni e dei trentenni di oggi. Per questo, abbiamo interpellato alcuni giovani che, in un contesto difficile, hanno trovato il modo di far valere i propri talenti e i propri sogni.

Umberto Vitiello si è laureato in Ingegneria Civile nel 2011 e tre anni dopo ha conseguito la laurea Magistrale in Ingegneria Strutturale e Geotecnica. Nello stesso anno ha vinto il concorso di Dottorato di Ricerca in Ingegneria dei Materiali e delle Strutture. Da luglio 2017 è il Presidente del Gruppo Giovani dell’ACEN, l’Associazione Costruttori Edili di Napoli, dopo il triennio precedente da consigliere. Lavora nell’azienda di costruzioni di famiglia, fondata da padre e zio oltre 30 anni fa, con tenacia e tanta passione.

Quali sono i principali ostacoli che ha incontrato sul suo cammino e come li ha superati?

“Posso dire di essere una persona fortunata. Sul mio cammino non ho trovato particolari ostacoli, oltre quelli che un po' tutti trovano lungo il proprio percorso. Sicuramente di porte chiuse ne ho trovate, ma allo stesso modo posso dire di aver avuto tanti momenti positivi e di essere felice del cammino fatto finora. Chi conosce il comparto delle costruzioni sa cosa significa fare questo lavoro: è come andare sulle montagne russe, una continua altalena di alti e bassi. Io ho la fortuna di avere una famiglia che mi ha sempre sostenuto. Non è facile emergere ai tempi d’oggi, ma bisogna credere sempre in quello che si fa, investendo impegno, passione e grinta.”

Napoli, città giovane per definizione, non è una città per giovani?

“Dipende! Purtroppo e per fortuna sono napoletano, nelle mie vene scorre “sangue terrone”. Sono nato e cresciuto al centro storico di Napoli, avverto un profondo senso di appartenenza e tendo sempre a difendere la mia città, con i suoi meravigliosi pregi e le sue contraddizioni, i suoi limiti. Anche io, come tanti, ho molti amici che si sono trasferiti, per studio o lavoro, al nord Italia o all’estero. Credo che in questo momento storico è probabilmente l’Italia a non essere un Paese per giovani. E’ evidente che certe situazioni sono più accentuate al Sud e che alcuni insani meccanismi si siano radicati nel tempo, ma non possiamo abbandonare tutti i “posti di combattimento”. Chi ha la possibilità e la fortuna di poter restare qui, e tiene a cuore il futuro di questa città, deve lottare per migliorare la sua vivibilità e le sue prospettive. Come Gruppo Giovani dell’ACEN ci stiamo impegnando molto sul territorio per diffondere anche messaggi di questo tipo, in particolare con gli studenti delle scuole con le quali stiamo portando avanti percorsi di Alternanza Scuola-Lavoro e che, quindi, sono in procinto di “affacciarsi sul mercato”.”

Quale eredità hanno lasciato gli ex ragazzi ai loro figli?

“Questo è uno di quei temi su cui potrei discutere per ore con i miei genitori ed i loro coetanei. Credo che ci abbiano lasciato un Paese sull’orlo del fallimento. Incapacità di gestire e valorizzare il territorio, incremento smisurato del debito pubblico e assenza di una classe dirigente in grado di prendere in mano il nostro Paese e programmare il futuro delle nostre città. Credo che la mia generazione, nata tra la fine degli anni 80 e l’inizio degli anni 90, sia la generazione più penalizzata, con livelli di disoccupazione senza eguali. Ci hanno lasciato un Paese senza risorse, che c’è bisogno di resettare completamente se vuole ripartire. Se parametriamo il discorso al settore delle costruzioni, il quadro non si allontana molto dalla visione più generale. L’abusivismo edilizio e la deturpazione del territorio hanno dato vita al cliché dei “costruttori palazzinari”, con il quale noi giovani imprenditori siamo costretti ogni giorno a convivere e che cerchiamo di combattere con azioni e progetti nuovi e diversi.”

Quanto spazio hanno i giovani per fare proposte, per far valere i propri talenti, le loro competenze, la loro passione, le loro idee?

“Sicuramente poco, ma questo non ci autorizza a non provarci. Solo chi è abbastanza folle da credere di poter cambiare il mondo, lo cambia davvero! Credo nel principio della meritocrazia, che i talenti veri vadano avanti. Resto dell’idea che mettendoci la dovuta passione nelle cose, alla lunga si raggiungano gli obiettivi stabiliti.”

Quali sono le responsabilità della attuale classe dirigente?

“Forse tutte. L’ho già detto prima, ma non deve essere una scusa per non tentare di sovvertire l’andamento delle cose.”