Centro storico di Napoli: l’ultima occasione

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La spinta a riaprire il dibattito sul centro storico di Napoli, patrimonio dell’UNESCO, promossa da Nagorà e avviata dall’editoriale di Pasquale Belfiore, mi sollecita a svolgere subito alcune riflessioni per la gravità delle condizioni di tale tessuto urbano. E’ palese oggi la mancanza di una visione, la totale cecità e incapacità programmatoria e gestionale degli amministratori pubblici, con particolare riferimento alla questione dei fondi europei. Siamo molto attenti agli esiti del patto siglato a Napoli in questi giorni per un cospicuo ulteriore finanziamento per il centro storico che, se non ben definito e irreggimentato, rischia di non servire alla città e alla sua comunità. La città è a pezzi, come la sua economia e la qualità della vita, e tutti dovrebbero esporsi e battersi con il proprio contributo di idee per un bene comune di interesse eccezionale. Cercherò di argomentare una serie di punti, lucidamente espressi nel citato editoriale.

1.“Molte parole”, ma non solo: cospicui volumi sono stati scritti in 40 anni, in cui si sono registrati studi di alto valore scientifico e tecnico, rimasti nei cassetti della politica. Studi che hanno anche generato polemiche sterili e fuorvianti, alimentate da piccoli gruppi, fautori della conservazione ad oltranza dello status quo. Ho persino ascoltato Italia Nostra scagliarsi contro lo studio sul centro antico (1972), reo di aver aperto le porte alla speculazione edilizia, salvaguardando tale parte della città e consentendo libertà d’azione nel resto del centro storico. Vere farneticazioni. E non parliamo del Regno del Possibile (1987), rivalutato tardivamente dai più intelligenti politici. Più recentemente la Baia di Napoli (2017) ed il suo contributo in termini di Paesaggio storico urbano applicato a 40 Comuni della città metropolitana attende di essere preso in considerazione. Ma ormai è storia passata. Forse però la mancata discesa in campo di intellettuali e tecnici ha lasciato alla politica l’alibi per non far nulla. Ciò si è verificato altresì nel 2004 quando l’approvazione della Variante, che ha condannato la città ad una morte lenta, non è stata avversata adeguatamente dalle forze culturali e professionali.

2.Non ritengo che “il centro storico sia tra i più conservati del mondo”. In mancanza di manutenzione ordinaria e straordinaria da molti decenni continua a degradarsi, perdendo via via i suoi caratteri identitari, e ciò a partire dagli scandalosi interventi post-sismici.  Non sono state compiute grandi speculazioni edilizie, ma l’abusivismo strisciante ha determinato danni irreversibili.

3.” Non si curano solo le pietre”: giustissimo. Da anni cerco di diffondere questo concetto: oltre alla qualità dei restauri – poco perseguita nella nostra città nonostante una storica ed eccellente tradizione accademica  – l’obiettivo primario da raggiungere è la creazione di posti di lavoro durevole grazie a nuove e integrate nuove funzioni dei manufatti storici. E’ dunque un problema di gestione delle risorse. Nei fondi europei destinati al centro storico ci sono simili direttive, ma in mancanza di controlli, si eseguono solo i restauri e il resto non viene attuato con gravi danni all’occupazione.

4. “Metodo integrato”: perfetto. E’ un auspicio condivisibile, sia a scala architettonica che di pianificazione urbana. L’integrazione deve caratterizzare ogni momento della programmazione, dagli obiettivi da perseguire, alle strategie da adottare, alle azioni da promuovere.

5.”Nuovo Piano Urbanistico Comunale”: perfetto. Allo stato siamo fermi, immobili, paralizzati dalla citata Variante del 2004 - più simile ad un regolamento edilizio che ad uno strumento urbanistico – e dalla mancanza di scelte della Città metropolitana. Ci si avvii finalmente, tenendo conto dei principi della conservazione integrata, della rigenerazione urbana, dello sviluppo sostenibile, dell’economia circolare.

6.”Dipartimento centro storico”: giustissimo. Una struttura organizzativa e gestionale dedicata ad un centro storico tra i più significativi al mondo avrebbe dovuto essere creata da molti anni, direi dal 1995, cioè da quando tale tessuto è stato inserito dall’UNESCO nella Lista mondiale per la sua unicità. Ma più avanti, almeno dal 2011, quando il Piano di Gestione UNESCO, ispirato ad una visione finalmente integrata delle risorse culturali, fisiche ed immateriali, poteva rappresentare il volano per un diverso e innovativo approccio alla soluzione dei tanti problemi. Allo stato è un’esigenza indilazionabile, e si potrebbe tenere in conto quanto avviato nelle altre città storiche italiane inserite nella Lista, come Venezia, Firenze ed altre ancora. sia pure con luci ed ombre.

 Segnalerei, infine, che non rassegnati al degrado del centro storico alcuni di noi hanno partecipato ad un’iniziativa pubblicistica dal titolo “Proposte per il futuro di Napoli e del suo hinterland” ed il volume sarà presentato nei prossimi giorni a Napoli. Forse è questo il momento in cui le forze intellettuali e tecniche della città si uniscano e facciano sentire la loro voce a coloro che governano la città in modo del tutto inadeguato.